02 Feb 2018

L’origine e le storie delle maschere regionali di Carnevale


Carnevale è una delle feste più allegre e divertenti dell’anno, tanto per i bambini quanto per gli adulti.

Il Carnevale si festeggia in tutte le città: si sfila per le strade con addosso maschere e costumi di ogni tipo, si allestiscono carri e l’aria si carica di atmosfera. Piccoli scherzi, canti e balli sono parte integrante delle celebrazioni di ogni luogo e assumono forme diverse grazie alla contaminazione con le credenze locali.

Emblema della cultura popolare, le maschere tradizionali. A ogni regione d’Italia, infatti, viene associato un personaggio: una vera e propria caricatura enfatizzata al massimo dei suoi cittadini, con tutti i loro pregi e difetti. Arlecchino, Pulcinella, Stenterello, Colombina e tutti gli altri: ognuna di queste maschere è immancabile a Carnevale, da tempo immemore.

 

Ma quando nasce la tradizione di mascherarsi a Carnevale?

Il Carnevale ha di per sé origini molto antiche: alcune testimonianze parlano di celebrazioni dedicate al divertimento e ai mascheramenti addirittura ai tempi di Greci e Romani. A quell’epoca, le maschere e i travestimenti venivano indossati dal popolo per celare la propria identità e incarnarne un’altra del tutto diversa: il Carnevale, infatti, era l’occasione per sovvertire l’ordine gerarchico della società e sentirsi liberi di essere chi si voleva, anche se per poco.

Le maschere hanno avuto questo ruolo per molto tempo: durante il Medioevo, per esempio, i travestimenti venivano indossati durante i carnevali urbani per prendere in giro i personaggi dei ranghi più alti della società.

 

E le maschere regionali della tradizione italiana?

Fu nel Cinquecento che iniziarono a fare la loro comparsa tutte le più famose maschere legate alla tradizione regionale italiana. In particolare, fu tra le rappresentazioni rientranti nel genere della Commedia dell’Arte che apparvero personaggi come Arlecchino, Pulcinella, Pantalone e Dottor Balanzone, le più antiche tra le maschere italiane che ancora oggi consociamo, a cui si aggiunsero man mano tutte le altre.

La Commedia dell’Arte fu in voga, infatti, per molto tempo, addirittura fino alla metà del Settecento. Non si trattava di un vero e proprio genere teatrale, poiché questo si distaccava molto dalle rappresentazioni canoniche e portò molti elementi di novità all’interno degli spettacoli.

Nessun testo scritto, ma solo un canovaccio, ovvero una traccia della trama dell’opera, interpretata di volta in volta dagli attori della compagnia teatrale. L’improvvisazione era dunque un elemento fondamentale in tutti gli spettacoli, che ben presto divennero celebri anche all’estero come Commedia italiana. Altro elemento innovativo di questo tipo di rappresentazioni fu l’introduzione delle donne all’interno delle compagnie teatrali: prima di allora anche i personaggi femminili erano interpretati dagli uomini.

 

Le Maschere della Commedia dell’Arte

Nella Commedia dell’Arte il termine “maschere” indicava i personaggi che salivano sul palcoscenico. Questi, naturalmente, indossavano sempre delle maschere e dei costumi che aiutavano a rappresentare le caratteristiche tipiche del personaggio interpretato.

Tutte le maschere regionali italiane nate tra le scenette della Commedia dell’Arte non sono altro che personaggi stilizzati, delle caricature enfatizzate di un certo tipo di persona. Arlecchino, una delle maschere più famose, è per esempio un servo: sembra sciocco, ma è sempre pronto a ingannare e a far dispetti ai suoi padroni, combinandone però di tutti i colori. Pulcinella rappresenta invece l’anti-eroe: libero, ribelle, irriverente e vitale, che grazie a queste caratteristiche sopravvive alle sciagure della quotidianità. Il dottor Balanzone, spesso chiamato anche solo “Il Dottore” rappresenta lo stereotipo del personaggio serioso, che sbandiera ai quattro venti una cultura che in realtà non possiede.

 

 


Il Carnevale era l’occasione
per sovvertire l’ordine gerarchico della società